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Attenzione ai vostri conti correnti!

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CENTO MILIONI DAI CORRENTISTI.

21 ottobre 2016

Per i salvataggi bancari, Banco Popolare, Ubi e Unicredit caricano, su 4,5 milioni di clienti, i costi per i contributi al Fondo di risoluzione e di tutela dei depositi.

DOPO i 350 milioni di bond subordinati targati Banca Etruria, Banca delle Marche, CariChieti e CariFerrara, finiti polverizzati nelle mani dei risparmiatori, ora, altri 100 milioni di quel salvataggio così salato e discusso, stanno per essere scaricati sulle spalle di 4,5 milioni di correntisti. In questi mesi, infatti, scattano i rincari dei costi di tenuta dei conti correnti presso il Banco Popolare, Ubi e Unicredit, giustificati con i contributi versati da tutte le banche al Sistema di garanzia dei depositi (che garantisce i conti fino a 100 mila euro) e al Fondo nazionale di risoluzione. Per questi tre istituti un tale aggravio di costi costituisce un “giustificato motivo per un aumento” dei canoni mensili o annuali di tenuta dei conti correnti.

Il fenomeno al momento sembra limitato a questi tre istituti ma l’elevato numero di correntisti toccati da questi provvedimenti, circa 4,5 milioni, induce a temere che la manovra possa allargarsi nei mesi futuri. Da una prima ricognizione compiuta da Repubblica presso le principali banche italiane risulta che Intesa Sanpaolo, Bnl Paribas, Cariparma, Bpm, Monte dei Paschi, Bper, Credem, Fineco, Che Banca!, Creval, Deutsche Bank, Popolare di Vicenza, Bancoposta, hanno tutte dichiarato ufficialmente di non aver aumentato nel corso del 2016 i costi sui conti correnti a causa della partecipazione ai Fondi di risoluzione e Tutela dei depositi. La Vicenza ha però fatto sapere che per il futuro sta valutando questo tipo di provvedimento mentre Deutsche potrebbe tra qualche mese ritoccare i costi di alcuni conti a causa dei forti investimenti sostenuti per la sicurezza.

A parte il monitoraggio ancora nessuna presa di posizione precisa, anche se Bankitalia fa capire che l’unica vera arma in mano ai risparmiatori è quella di chiudere il conto e cambiare banca, scegliendo un istituto più soddisfacente sotto il profilo dei costi. La legge dà infatti 60 giorni di tempo al correntista per recedere, e se lo fa entro questo termine non dovrebbe incorrere in spese. Anzi, per la banca vi è obbligo di trasferire i soldi al nuovo conto entro 12 giorni lavorativi dalla firma del modulo. Ma questa procedura rapida vale solo per il trasferimento dei contanti mentre nella maggior parte dei casi a un conto corrente è associata la domiciliazione delle bollette, le carte di credito, la rata del mutuo, che richiedono tempi ben più lunghi per essere trasferiti. Ecco perché cambiare banca di frequente per un qualsiasi cliente è un esercizio faticoso, non è facile come cambiare supermercato. E questa farraginosità gioca a favore delle banche.

Fonte Giovanni Pons Repubblica.it

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